Aci Sant’Antonio, Nerina Chiarenza


Testo e foto di Paolo Simoncelli

“Continuo a tenere il pennello in mano. A sognare i paladini di Francia.” Ha novant’anni Nerina Chiarenza. La decoratrice di carretti siciliani oramai dipinge solo per diletto. “L’Orlando Furioso è il mio preferito. E poi la Cavalleria Rusticana. Quante volte ha raffigurato i personaggi del poema e dell’opera, e il loro mondo fiabesco. Nerina li ha dipinti sui carretti siciliani o su pezzi di questi, casciafuso, chiavi, ruote, sponde. Ha raffigurato le scene in tutte le sfumature di colore, le tinte vive apprese dal maestro decoratore, Mauro Di Domenico che viveva a due vicoli da lei. “Per fare i colori”, dice, “impastavo le terre con olio di lino. Dovevano diventare come polvere, sennò erano granulosi ed erano inutilizzabili”. Ha anche un passato da attrice Nerina. Appare in Turi e i Paladini, il film del ’79 diretto da Angelo D’Alessandro che narra le drammatiche vicende di Turi e del puparo Salvatore che si muovono in un contesto mafioso. Ha persino dipinto le scenografie. Oggi che non lavora più, Nerina ha sistemato i vecchi pennelli dentro due barattoli. Ogni tanto si siede e li guarda, così le sfila davanti, come un film, tutta la sua vita. Ha imparato a conoscere l’arte sin da piccola Nerina. A sette anni aiutava il babbo che forgiava le ruote dei carri. Il lavoro consisteva nel legare il cerchio di ferro alla ruota di legno. Il ferro andava scaldato, doveva essere rovente ma non doveva bruciare e così lei ci doveva buttare sopra l’acqua. “Forza Nerina”, le dicevano, “butta, butta!” A dipingere invece ha iniziato come autodidatta. Pitturava le sagome dei carabinieri che il figlio intagliava nel legno perché lui non sapeva dipingere. “Per il resto”, spiega Nerina, “ho rubato. Ai miei tempi Aci Sant’Antonio era pieno di pittori e decoratori. Li guardavo. Rubavo la loro arte perché in questo mestiere se non rubi non impari”. Figurarsi in quegli anni, cosa dicevano le malelingue. Nerina destava sospetti. Una donna che non si faceva i fatti suoi. Per il resto le scene dipinte erano farina del suo sacco. “Si vede subito la tua mano”, le dicevano, “la tua personalità”.



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