Chi percorre in auto via Pineta Sacchetti congestionata dal traffico e procede a passo d’uomo tra serpenti di lamiera e nuvole di gas di scarico, probabilmente verso una meta all’apparenza irraggiungibile, via Aurelia, dovrebbe sterzare in una via laterale e cercare parcheggio. Attraversata la strada, si ritroverà subito in un’oasi di pace e silenzio: un boschetto di pini marittimi, frondosi, altissimi. Siete nel Parco del Pineto, una delle 17 oasi naturalistiche disseminate a macchia di leopardo nella Città Eterna, la metropoli, nessuno lo crederebbe mai, più verde d’Europa. È grazie a questa immensa area verde di 80.000 ettari, dove crescono 1000 specie di piante e vivono 150 specie tra uccelli, mammiferi, anfibi e rettili, che i tre milioni di romani vengono quotidianamente riforniti di ossigeno. Abbandonato il bosco di pini, il panorama si apre sulle verdi colline della Valle dell’Inferno. Pochi passi tra ronzare d’insetti e voli d’uccelli e avrete davanti a voi l’incomparabile apparizione della cupola di San Pietro sul filo dell’orizzonte. Tutto intorno niente folla, nulla di artificiale. Brilla in lontananza, come nei miraggi, incorniciata da ciuffi di palme. È la visione che appariva tra il Settecento e l’Ottocento ai viaggiatori del Gran Tour: Goethe, Byron, Stendhal, l’universo di letterati, pittori, anime romantiche, irrimediabilmente stregate dalla bellezza dell’agro romano.
La cupola di San Pietro tra le palme
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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