Castello di Fumone, carezze di fantasmi


Testo e foto di Paolo Simoncelli

A Fumone, nel groviglio di vecchie, misteriose stradine, appare il castello dove morì Celestino V, il Papa del “gran rifiuto”. L’angusta cella dove fu rinchiuso, strettissima, quasi senza possibilità di movimento, fa solo lontanamente immaginare, per quanto la preghiera gli fosse di conforto, lo strazio della detenzione. Aveva 87 anni quando, annunciata da una croce luminosa apparsa a mezz’aria all’entrata della cella, la sua anima raggiunse il cielo. Era il 19 maggio 1296. Il corpo di Celestino fu portato nella chiesa di S. Antonio, a Ferentino, tumulato su un letto di pietra. Segnalato da una lapide e da un mazzo di fiori, si può ammirare ancora oggi il loculo dove le spoglie del Papa rimasero quasi 30 anni. C’è un’altra oscura presenza al castello di Fumone. Si tratta dei resti imbalsamati del piccolo Francesco Longhi, “il marchesino” ingabbiato a 5 anni in un “sarcofago” di cera, per volere dell’inconsolabile madre Emilia Caetani. In quanto unico maschio di 7 figli, l’eredità sarebbe andata lui e così le sei sorelle misero schegge di vetro nel cibo, condannandolo ad una atroce agonia. Alla sua morte la madre impazzì di dolore. Ne è passato di tempo, era metà ottocento, eppure ogni notte il suo fantasma si avvicina alla teca, prende dolcemente il figlio tra le braccia e incomincia a cullarlo, sussurrando la più triste ninna nanna. Sembra dormire il piccolo Francesco, col crocefisso, i giocattoli e addosso ancora i vestitini dell’epoca. I resti dell’antipapa Gregorio VIII invece, sepolto qui, non sono mai stati ritrovati. Carezze di fantasmi e oscure presenze del resto, infestano il maniero. E grida disumane. Arrivano dal Pozzo delle Vergini dove venivano gettate le donne che non arrivano illibate al matrimonio. E anche dalle segrete del castello dove i prigionieri vivevano in condizione disumane, in attesa di un solo conforto: la morte.



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