La Vernaccia di Serrapetrona



La Vernaccia di Serrapetrona non è certo champagne, ma non assomiglia affatto a quel bianco reso famoso da San Gimignano o da Oristano. E non è neppure un rosso italiano qualsiasi. È uno spumante che si trova solo qui, ottenuto con un procedimento originale da un vitigno autoctono: la Vernaccia Nera. Fiumi di inchiostro si sono stesi per descriverla, persino Dante ne parlò nel suo capolavoro: colore, abbinamenti, temperatura e quei sentori di liquirizia, rosmarino, frutti rossi, amarene, tabacco, persino cioccolato, mora, castagna e torba di bosco. Eppure, dopo il primo sorso, si rimane sempre senza parole. Qualcuno sostiene che Leopardi, cresciuto da queste parti, si sdraiasse dietro la famosa siepe a riflettere su“L’infinito” proprio con un bicchiere di Vernaccia in mano. Senza entrare nell’annosa questione se furono i monaci francesi a inventare lo champagne o se invece riportarono il metodo dopo un viaggio in Italia, possiamo raccontare la storia di un vino faticoso da realizzare, per l’umido che sale dalla valle del Chienti, per la foschia che copre spesso il sole e per quella grande escursione termica tra notte e giorno, che crea profumi eccezionali, ma non alza la gradazione alcolica. Dall’uva “d’altura”, coltivata tra i 350 e i 600 metri, raccolta sul finire di ottobre, veniva spremuto un vino leggero, che i contadini non riuscivano a conservare. Ecco allora l’idea di passire una metà dei grappoli, ancora appesi sui loro tralci in stanze ombreggiate, per concentrarne il succo. In una botte il mosto fermentò, regalando il primo esempio di questo impareggiabile e unico spumante rosso, che è la Vernaccia di Serrapetrona. Le tecniche di preparazione nei secoli si sono affinate arrivando al primato mondiale di ben tre fermentazioni: quella del vino base, dove è possibile aggiungere grappoli di sangiovese, montepulciano o ciliegiolo, la seconda delle uve passite, 100% vernaccia nera, e l’ultima, infine, in autoclave, con metodo charmat, da tre a sei mesi. Le sei piccole cantine che oggi producono dal vitigno di Vernaccia si sono differenziate nella passitura, su pergole o in cassetta, all’aria naturale o con impianti di regolazione termica, nei diversi uvaggi e nell’offerta finale di vini fermi o passiti in purezza, vinificati in bianco o rosè. Azienda Alberto Quacquarini è l’unica che ancora appassisce sui tralci appesi in ambiente areato naturale ed è anche capofila del Comitato di Tutela della Vernaccia Doc. Produce Vernaccia di Serrapetrona secca e dolce, un rosso fermo Colli della Serra, uvaggio di vernaccia nera, sangiovese, merlot e cabernet, il Petronio, un passito affinato 16 mesi in barrique e due grappe ottenute dopo l’appassimento.



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