Alcuni anni fa, nei giorni del Baccanale, la rassegna imolese dedicata alla cultura del cibo, un gruppo di persone stazionava nelle cucine del Ristorante San Domenico. Sguardi fissi sullo chef Valentino Marcattilii che spadellava tra fuochi e fiamme, sembravano gli studenti del quadro di Rembrandt, radunati intorno al tavolo della dissezione per seguire le lezioni di anatomia del dottor Tulp. Niente cadaveri però ma un branzino cucinato a regola d’arte che prendeva forma. Subito dopo entrò in azione il nipote, il giovane talento Massimiliano Mascia, detto Max, entrambi anima e cuore del San Domenico, raffinato locale di tradizione familiare che ha recentemente convertito le cucine in modalità green. Bisogna tornare al 1970 per evocare le origini del tempio della gastronomia romagnola dove hanno sforchettato Tognazzi, la Lollobrigida, Pavarotti, Enzo Ferrari. Andò così. Gianluigi Morini innamorato perso di cinema e cucina, se ne andava sempre a Venezia. Tra un film e l’altro s’intrufolava come finto regista nei sontuosi banchetti trovando l’ispirazione per l’idea di un locale tutto suo. E nacque il San Domenico. Arrivò Lino Bergese, il cuoco dei re e delle famiglie nobili e poi Valentino Marcattilii. Miscela esplosiva. La fama del ristorante prese il volo. E arrivarono le stelle. “La nostra”, spiega Max, “è una cucina territoriale stagionale, aperta a contaminazioni”. Tra i sontuosi piatti del menù: gnocchi di patata rossa di Imola con ragù di crostacei e dragoncello, baccalà in olio cottura, emulsione di verza, pesto di pinoli e uvetta gel di lime. Il piatto storico però, in carta dal 1974, è l’uovo in raviolo, una pasta fresca di ricotta e spinaci con tuorlo d’uovo al centro e una spolverata di parmigiano e tartufo bianco. A proposito di menù, in origine, accanto al locale, c’era la tipografia Fanti. Era comunicante con la cucina e così, ogni mattina, il signor Morini portava l’elenco delle portate da stampare. “Faceva tutto a mano”, ricorda Valentino, “con le lettere di piombo”. Erano gli anni in cui svolazzava tra i tavoli Eros Cappelletti. Come fai a non assumere un cameriere con un nome del genere?
Ristorante San Domenico
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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