Festa del Covo, il “monumento” al grano


Testo e foto di Paolo Simoncelli

Quando il lavoro dei campi era una fatica quotidiana, i contadini si recavano al santuario di Campocavallo ad ascoltare Messa. Il 16 febbraio 1892 accadde il miracolo: il dipinto raffigurante la Vergine acquistato da Don Giovanni Sorbellini, emise lacrime, forse sudore. Il giorno dopo gli occhi della Vergine si aprirono più volte. All’evento seguirono portentose guarigioni. Il popolo non aveva dubbi: la Madonna aveva scelto quel luogo per parlare agli uomini. Serviva un tempio più grande per ospitare i pellegrini così, agli albori del ‘900, iniziò la costruzione del Santuario della Beata Vergine Addolorata. Occorreva anche un segno di devozione e così Clemente Ciavattini, un agricoltore locale, realizzò una corona di spighe di grano larga tre metri, simile a quella che ornava la Sacra Immagine nel Duomo. Era il 13 agosto 1939. La storia del Covo di Campocavallo, una delle più autentiche celebrazioni religiose delle Marche, era iniziata. Sono passati ottantacinque anni e la devozione è intatta. Giovani e anziani continuano ad intrecciare le spighe di grano selezionate nei campi, poi assemblate come ceselli fino ad innalzare giganteschi manufatti in scala raffiguranti nei minimi particolari chiese e santuari di ogni angolo del mondo, i Covi. Vere opere d’arte alla realizzazione delle quali partecipa l’intera comunità. Prima si fa il disegno, poi i fabbri realizzano l’impalcatura, infine si passa al rivestimento in legno. Solo a questo punto inizia l’intreccio delle spighe, arte complicata, antica, tramandata dai più esperti. Il lavoro va avanti mesi, nei cortili, nei garage, sotto i porticati. Fatica certosina. Occorrono dai 2 ai 5 milioni di spighe di grano per costruire un Covo. La festa, scandita da balli agresti, cade sempre la prima domenica di agosto. Culmina con la solenne processione delle 18.30, l’ora in cui viene svelato il nuovo Covo. Insieme a questo sfilano i covi delle precedenti edizioni, gruppi folkloristici , autorità civili e religiose, giovani coi beneauguranti mazzi di spighe in mano.



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