All’inizio di primavera, quando il sole riscalda la campagna intorno a Cocullo, gruppi di giovani con sacchi di stoffa e bastoni, lasciano il paese annidato a 900 metri d’altitudine e vanno in cerca di serpenti. Eredi di un culto precristiano legato agli antichi Marsi, i famosi inciarlatori (incantatori) di serpenti, i serpari rinnovano a maggio l’antichissimo rito in onore di Domenico, il Santo taumaturgo che protegge dal mal di denti, dalla rabbia, dal morso dei rettili. Le serpi verranno custodite in garage e scantinati, nutrite con uova sode e topolini. A Cocullo il monaco benedettino si fermò sette anni lasciando come reliquia un dente e un ferro di cavallo della sua mula. Ecco perché il mattino della festa, nella chiesa a lui dedicata, i devoti tirano un catenella coi denti per mantenerli in salute. Poi raccolgono la terra benedetta che sta nella grotta dietro la nicchia del santo e la conservano come forza apotropaica. Nella chiesa della Madonna delle Grazie vengono benedetti i ciambellanti, dolci tipici portati in processione in equilibrio sulla testa da due giovani in abito tradizionale. Sul sagrato della chiesa di San Domenico invece, dopo la Messa delle 11, viene esposta la statua del santo. Una folla immensa si accalca. Con gesti precisi, solenni, decine di mani allungano i serpenti verso la statua. In un vortice di traiettorie li depongono intorno al simulacro e alla fine il grappolo di spire striscerà intorno al volto. Se il groviglio di bisce si metterà di traverso ricoprendone gli occhi, sarà segno di sventura. Adempiuto il rito, parte la processione che si fa largo tra la folla: per un cucullese portare la statua di San Domenico è un onore, un atto di devozione. Alla fine il simulacro farà rientro in chiesa. Subito dopo tutti vorranno posare per la foto. Mani, braccia e volti saranno avvolti dai serpenti: biacco, saettone, biscia dal collare, cervone, lungo più di due metri, il maestro della mimetizzazione che qui tutti chiamano capetune. Sono tutti rettili innocui. Al massimo lasciano mordendo un arrossamento sulla pelle. I giorni a seguire, le bestiole saranno restituite alla natura, esattamente nello stesso luogo in cui erano state catturate. Sono lontani gli anni in cui venivano loro strappati i denti e poi uccise dopo che San Domenico aveva fatto ritorno in chiesa.
I serpari di San Domenico
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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