La sarda sostenibile selinuntina

Scritto il 23/07/2024


“Quindici, quindici, …dodici, dodici, … dieci, dieci, …undici, dodici, tredici… tredici… va in fondo”. L’asta mattutina del pesce di Marinella di Selinunte sembra procedere senza una regola precisa.  Nei primi minuti, un occhio inesperto fatica a cogliere i minimi cenni del capo o delle dita con cui gli acquirenti comunicano con il banditore, che invece, senza levare gli occhi dal pescato, non perde neppure un battito di ciglia. Passa almeno mezz’ora prima che si riesca a capire il meccanismo e fare la propria offerta. Da qualche anno, però, un biologo marino del CNR accompagna i turisti per migliorare le loro conoscenze sulla pesca, spiegare come valutare il fresco e insegnare a riconoscere le specie, compreso il “pesce povero”, fondamentale per la sostenibilità a lungo termine della piccola pesca artigianale. Selinunte è famosa per le sue Sarde, riconosciute dal presidio SlowFood, un simbolo delle battaglie della piccola pesca contro la pesca industriale. La sarda selinuntina infatti era catturata con la rete da posta dalle barche a vela latina, non con le lampare e tanto meno con lo strascico. Restava imprigionata nelle grandi maglie senza subire lo stress della compressione e per questo conservava tutte le squame ed una polpa soda e compatta, che permetteva la tradizionale cottura nello spiedo di canne. Ed era sostenibile non si decimava mai tutto il banco. Per questo al mercato c’è anche Jojò, il pioniere della “cucina ecologica” che nel suo Lido Zabbara, fondato già negli anni ‘70 in collaborazione con il più anziano pescatore del luogo, offre “sarde sostenibili” e presenta tutto quanto c’è da sapere sui prodotti locali a chilometro zero.



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