Proprio nel mezzo tra Belice destro e Belice sinistro, sorge Santa Margherita Belice, in una bella conca in vista delle montagne, per sfortuna proprio in corrispondenza dell’epicentro del drammatico sisma del 1968. L’aspetto della città è quindi in gran parte quello della ricostruzione, ad eccezione del bel Palazzo Filangeri Cutò, conosciuto come il Palazzo del Gattopardo. La dimora di famiglia dove trascorreva le vacanze estive Giuseppe Tomasi da Lampedusa è l’ispirazione per la tenuta di Donna Fugata del romanzo. I giardini hanno ancora le piante originali e fanno da corollario al piccolo museo sull’autore simbolo della sicilianità. La Chiesa Madre del borgo, di cui restano solo alcuni muri, dal 2007 è stata trasformata nel Museo della Memoria, con una serie impressionante di foto, articoli e giornali dell’evento che sconvolse la valle. Nonostante la devastazione, la cittadina non ha praticamente mai smesso di produrre il tipico formaggio della Valle: la Vastedda del Belice, che ha ottenuto la certificazione DOP e il Presidio Slow Food, l’unico formaggio pecorino italiano a pasta filata, da consumare freschissimo. Il suo nome viene dal dialetto “vasta”, cioè guasta, perché in origine si realizzava in estate con i pecorini che si stavano rovinando, facendoli cuocere nuovamente ad alte temperature. Oggi viene creato con latte intero crudo da animali di razza Belice cresciuti al pascolo o a fieno in un territorio che spazia da Santa Margherita a Partanna e Salemi. A poche ore dalla seconda cottura e dalla messa in forma può essere mangiato, tradizionalmente condito con olio e pomodoro.
La Vastedda del Belice
Scritto il 29/08/2024
Testo e foto di Federica Botta e Alessandro De Rossi
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