È buona l’aria a Bargecchia, tra la brezza del mare e quello della campagna. Ecco perché il suono delle campane della chiesa di San Martino è cristallino. Il campanile che le ospita è altissimo, bianco abbagliante, un faro tra le colline.Nelle antiche carte nautiche era segnalato come Torre di Bargecchia e i marinari lo usavano come punto di riferimento tra le onde. È dal 1885, l’anno della fusione, che a Bargecchia sale il rintocco delle sue quattro campane, la melodia più sublime che si sia mai udita. Uscirono luccicanti dalla fonderia di Lera, a Palagio. I compaesani però vollero rendere ancora più tangibile il loro amore per il borgo, e così donarono parte dell’oro che possedevano perché fosse fuso insieme agli altri metalli. Erano poveri in canna ma cosa non si faceva per il borgo natio? Le campane si suonavano spesso allora. Il suono era qualcosa a metà tra una preghiera e un inno alla gioia. Oggi i campanari “ufficiali” di Bargecchia sono una decina, però per trovarne cinque che si mettano a tirare la fune tutti insieme non è facile. C’è chi lavora da una parte e chi dall’altra. Una volta era facilissimo. I campanari bargecchini si faceva presto a trovarli. Lavoravano la terra qui intorno. Bastava un fischio ed erano pronti. Quante volte deve averlo sentito il maestro Puccini quel suono melodioso echeggiare per tutta la valle. Ogni volta che arrivava qui, nella villa di Rodolfo Giacchi, il suo medico curante, ascoltava rapito quel suono. Cercava uno scampanio per la fine del primo atto della Tosca e decise di inserire le campane di Bargecchia. Oggi oramai si suonano solo a Natale, a Pasqua, a settembre, il giorno dell’Addolorata o quando muore un campanaro. Bisognerebbe arrivare in paese il 23 e il 24 agosto, il giorno di San Genesio, il patrono. In quei giorni si fanno i doppi, cioè concerti di campane, a ritmo continuo. Serve abilità per suonarle, forza, sincronia di movimenti: non è facile manovrare campane la più grande delle quali pesa 1067 chili. Bisogna dare il ritmo con la fune e per cambiare il suono occorre “puntare” le campane, cioè bloccarle capovolte sui mozzi. Basta un movimento sbagliato e “le melodiose sorelle” diventano un tormento per le orecchie.
Bargecchia, le campane della Tosca
Scritto il 05/12/2024
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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