Gianfranco Asveri, fanciullino pascoliano o bambino birichino?


Testo e foto di Paolo Simoncelli

Gianfranco Asveri, pittore etereo, sfuggente come l’aria che non si può imprigionare, abita nella minuscola Gasparini, in una casetta sulle colline piacentine. È un eremo di ricordi tra nani da giardino perennemente in sciopero e un buon numero di pietre con su scritto i nomi dei cani, i fedeli amici, tutti randagi, abbandonati come lui che ha fatto nove anni di orfanatrofio. Anno dopo anno sono tutti volati chissà dove e lui li ha sepolti qui. “L’ultimo”, dice, “si chiamava Lecce, un bastardino che veniva dalla Puglia”. Le pitture di Gianfranco sono intrise di pigmenti selvaggi, qualcosa di simile all’espressionismo dell’Art Brut alla Dubuffet, “favole in viaggio” per bambini d’ogni età. I precisi colpi di colore sono assestati con la logica dell’innocenza, del breve lasso di tempo in cui la creatività non è contaminata. “Sono i bimbi fino a cinque anni”, spiega Giancarlo, “che ancora non sanno leggere, i veri artisti. Dopo, la Musa che li abita li abbandona. La vera arte è l’ignoranza”. Saggezza e purezza d’animo possono convivere? La risposta l’avrete conversando con Gianfranco. Aspetta tutti lassù, a casa sua. Da sempre lavora nell’ammuffito studiolo al piano superiore dove si respira un odore acre di acidi. È in questo maleodorante cimitero della materia che si sono accumulati negli anni vecchi pennelli, ammuffiti cavalletti, barattoli, tubetti, giornali, strati di colori rinsecchiti, croste sui muri spesse come crateri. Gianfranco, oggi settantacinquenne, non ha buttato via nulla, dal tempo lontano in cui la madre gli diceva “Sad ghè sburdàcia’, sbudacia’ là den, “se devi sporcare, sporca là dentro”. L’aria qui è irrespirabile, piena di ossidi di piombo e altre nefandezze. Una volta un medico appassionato d’arte che venne a trovarlo restò di sasso. “Come fai a essere ancora vivo”? Ogni giorno nelle Terre Traverse del piacentino succede una cosa strana: i trattori frantumano le zolle e Gianfranco ricompone l’età dell’innocenza.



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