La piccola grande storia di Paoletto Cesarone


Testo e foto di Enrico Caracciolo | Articolo pubblicato il 13/05/2025

A Montebello sul Sangro vive Paoletto Cesarone, anima di una terra preziosa e generosa. La storia della sua azienda, Piccola Terra, immersa nel cuore dell’Italia più autentica e solitaria inizia quando il trisavolo Domenico partì per cercare fortuna in Sud America: a San Paolo del Brasile era una personalità. Aprì un ristorante, possedeva due diligenze ed era un punto di riferimento nel commercio ma a causa di una rissa violenta non fece mai ritorno in Italia. La nonna superstite decise che il futuro dei nipotini sarebbe stato lontano dalle Americhe e tornò a Buonanotte sul Sangro. Tra loro c’era Antonio Cesarone, bisnonno di Paoletto noto in paese col soprannome di “Ndonie lu malamend” per i suoi modi burberi. Anche lui provò a fare fortuna in America ma la crisi del ’29 lo convinse a tornare in Italia prima che fosse troppo tardi e investì tutti i suoi averi comprando i terreni che da allora sono rimasti alla famiglia. Nonno e papà di Paoletto, e poi suo fratello Francesco hanno avuto sempre una grande sensibilità verso la natura e ispirati da lungimiranti visioni hanno sempre sperimentato tecniche di coltivazione nel massimo rispetto dell’ambiente, anche in pieno boom economico.



Paoletto è la sintesi virtuosa della sua famiglia che ha sempre visto e trovato nella terra una ragione di vita sana e un punto di equilibrio tra l’uomo e la natura. Ha le idee chiare e racconta bene la filosofia aziendale: “Il mercato richiede la massima produttività, il massimo sfruttamento dei territori. Ci si dimentica che la natura ha dei tempi di recupero ed equilibri intrinseci propri. La scelta di trasformare Piccola Terra in una azienda biologica è stato un primo passo verso questa direzione. Purtroppo il mercato contemporaneo non favorisce la diversificazione quindi con la vendita diretta abbiamo raggiunto obiettivi per noi primari: minori costi di trasporto, maggiore qualità e maggiore soddisfazione”. Anche Paoletto è di fatto un emigrante, ma al contrario. Da Roma per amore dell’agricoltura, quella vera, che mette al centro di ogni progetto l’amore per la natura, e il rispetto della biodiversità. Lui trasforma un solco nella terra in versi di poesia, belli come cicerchie, farro, ceci, fagioli, lenticchie, pomodori, zafferano e trifogli.



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