A Seminara, la piccola Atene calabra, sono pochissime le botteghe che tramandano la tradizione degli antichi pignatari, i virtuosi dell’argilla che già cinque secoli fa esercitavano l’arte della ceramica. Quella storica in corso Barlaam di Paolo Condurso, il compianto artista locale, ribolle ancora di attività, a dieci anni dalla morte. Il tornio continua a girare per mano del figlio Gennarino. È lui che ha ereditato i segreti del mestiere. Continuano a prendere forma opere d’arte dai colori vibranti, pervase di simbolismi. Fa una strana impressione, mentre uno si muove tra forme e colori, sentirsi osservato dagli occhioni dei babbaluti, le tradizionali fiasche dalle forme antropomorfe, caricaturali, con cui un tempo gli artigiani sbeffeggiavano i dominatori: borbonici, spagnoli, signorotti locali. “Papà”, dice Gennarino, “li baciava tutti i giorni, uno ad uno, come figli”. Ci sono anche mascheroni apotropaici che fanno boccacce e il gabbacumpari, la brocca da cui si disseta solo chi è riesce a far uscire il vino dai fori. Chi vuole può chiedere di osservare il ciclo di lavorazione e così l’aura dell’artista cresciuto a pane e argilla, torna a prender vita. Non si contano premi e attestati ottenuti dal maestro, analfabeta per necessità perché doveva mantenere la famiglia. Andreotti lo nominò Cavaliere, Pertini Principe della Ceramica, Scalfaro Grande Ufficiale, Napolitano Commendatore. Il riconoscimento più prezioso arrivò da Picasso. Paolo l’incontrò a Ventimiglia a metà anni ’50, mentre impastava una colomba d’argilla in compagnia di qualche babbaluto.“Di dove sei”, gli chiese.“Sono calabrese”.“Calabrese, tu hai le mani d’oro”. E gli comprò tutti i babbaluti” che da allora si chiamarono picassini. Paolo per contraccambiare regalò a Picasso, non aveva la minima idea di chi fosse, la colomba finita e il pittore spagnolo gli allungò quattro disegni autografati. Sarà per bontà d’animo o per galanteria, il seminarese li allungò a tre fanciulle di passaggio. Dei babbaluti acquistati da Picasso, uno è al museo di Antibes. Un altro era nella casa di Pablo.
Paolo e Pablo
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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