Massarosa, il marchese e il compositore


Testo e foto di Paolo Simoncelli

Il vecchio imbarcadero dalle grandi arcate e i possenti pilastri è intatto. Villa Ginori Lisci sembra uscire da un racconto di Bacchelli: stile neogotico toscano in un lussureggiante giardino di iris gialli e palme. Era da qui, eremo-rifugio di Carlo Ginori Lisci, erede della omonima, famosa manifattura fiorentina di porcellane, che Puccini partiva in barca con l’amico per lunghe battute di caccia. Prendeva due piccioni con una fava il compositore. Tra i dorati riflessi del lago trovava ispirazione per le sue opere immortali e in contemporanea cercava una folaga da impallinare per poi mangiarsela in padella col vino rosso e l’aceto, insieme al brodo, al cognac, allo zenzero e a un battuto di cipolla, sedano e carote. Dagli anni di Giacomo, a cavallo tra Ottocento e Novecento, non è cambiato molto nella mirabolante villa di mattoncini rossi, con le colonnine, i marmi bianchi, le bifore, la veranda che guarda il lago. La stessa esotica atmosfera, la stessa luce, lo stesso vento che smuove il canneto, l’acqua che allunga i tentacoli, gli arredi d’epoca, le vecchie foto di famiglia e quelle di Puccini. E poi Francesco Fanelli, tra i più sensibili esponenti dei “Pittori de Lago”, che decorò le sale del giardino d’inverno. Sembra di vederli Giacomo e il marchese Carlo uscire sul barchino lungo il canale che oggi come un tempo collega la villa al lago. Un’ala, La Piaggetta, è stata adattata a residenza d’epoca e così chi vuole può sprofondare nella pace lacustre senza tempo. Magari con le note de La Bohème in sottofondo. È infatti qui che Puccini, tra moti di malinconia e slanci d’animo, scrisse l’immortale opera. Si direbbe ispirato dalla quiete del luogo. E invece no. L’ispirazione gli arrivava quando il salone rimbombava di voci, grida e schiamazzi.



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