A Tufara il Martedì grasso va in scena il rito che riporta al tempo dei culti dionisiaci. Protagonista è la maschera zoomorfa del Diavolo che porta in paese il retaggio di paure ancestrali, nera, orecchie triangolari, occhi spiritati, lunga lingua rossa di carta. La vestizione avviene all’interno dei luoghi familiari, a volte nelle vecchie cantine scavate nel tufo. Chi interpreta il diavolo è assorto in mille pensieri. Qualcuno lo aiuta ad indossare la pelle caprina. Davanti al viso viene fissata la maschera terrificante che incute terrore: ne esiste una vecchia di 100 anni in paese. Intanto un altro giovane si sparge farina sul volto, un altro controlla la lama affilata di una falce: sono le due pallidissime figure che rappresenteranno la morte nella pantomima del Diavolo. Completano la mascherata i tre monaci o “folletti”col volto sporco della fuliggine ottenuta bruciando tappi di sughero. Alla fine i sei personaggi sono pronti: la morte rappresentata dai due figuranti col berretto rosso, il diavolo e i tre incappucciati che lo trattengono in catene. Incomincia la folle corsa per il paese, di strada in strada. La pantomima viene rappresentata a ciclo continuo al grido funesto che rimbomba tra i vicoli: ah la morte!...ah la morte! Il diavolo corre, bussa alle porte, colpisce col tridente porte e marciapiedi, salta, si butta a terra posseduto da forze soprannaturali, a stento trattenuto dalle catene. Intanto le falci roteano nell’aria mimando l’antico gesto della vendemmia. Chi è il Diavolo se non la personificazione di Dioniso, il dio dei boschi che ogni anno muore e rinasce in sintonia col ciclo della natura? Alle fine vanno in scena il processo al carnevale, un fantoccio imbottito di paglia, e la sua morte. Non merita altra fine, con la Quaresima in arrivo, il dissacratore di costumi che ha fatto smarrire a tutti la retta via. Occorre allontanare il peccato, ristabilire l’ordine. Il fantoccio gettato dalla rupe verrà preso in consegna dal diavolo che ne farà scempio a colpi di forcone. Morto il carnevale, il diavolo sparisce. Il bene ha di nuovo trionfato sul male.
Tufara, la “danza” della morte
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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