Benedello, il lacchè non deve morire


Testo e foto di Paolo Simoncelli

Il lacchè è il ballerino di Benedello. Porta un lunghissimo cappello a punta ornato di nastri colorati, col pennacchio sulla punta. Ricorda quello di Torrevecchia Teatina, della Val di Fassa, degli scacciuni di Cattafi. Oltre al cappello indossa pantaloni bianchi e un camicione dello stesso colore con ricami, coccarde, nastri, campanellini, disegni dipinti a mano raffiguranti fiori, stelle, figure geometriche. I lacchè sono tre ma la mascherata comprende anche il portabandiera del carnevale, il vecchio, la vecchia, l’Arlecchino multicolore. Una volta si faceva tutto a mano. Ogni famiglia realizzava il costume iniziando i preparativi a novembre: chi tagliava, chi cuciva o faceva la colla con la farina. Si usavano le carte colorate di caramelle e cioccolatini. Sono due le giornate di festa. A carnevale le maschere procedono verso una borgata vicina poi, passando per la campagna, l’allegro corteo ritorna al paese. L’evento di metà Quaresima invece si consuma sul sagrato della chiesa, con la lettura del testamento, un resoconto nel quale il fantoccio di una vecchia alto 4-5 metri, dallo scheletro di ferro ricoperto di carta colorata, racconta in rima dialettale gli episodi più esilaranti accaduti a Benedello durante l’anno. Seguono la fuga, la cattura, la pantomima dell’intervento chirurgico e il rogo. Il “sacrificio” è a fin di bene: bruciare l’inverno per lasciar spazio alla primavera. La particolarità del carnevale è la monferrina, la polka che coinvolge i lacchè in un incalzante ritmo scandito da corse e salti. Una volta, per essere accettati, c’era la selezione. Sistemavano al centro della piazza un tavolino con sopra una bottiglia e chi saltava l’ostacolo era arruolato come lacchè. L’altra particolarità è l’inchino durante il quale i ballerini toccano la terra con la punta dei cappelli. Una sorta di fecondazione, la speranza di “nuovi germogli”. La brutta notizia è che il carnevale è passato di mano a gruppi di giovani poco interessati alla tradizione. E così Orianna Baruffi e la vecchia guardia che portavano avanti le storiche radici della festa, sono sprofondati in una sorta di lutto universale.



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