Bormio, i Pasquali e i Reparti


Testo e foto di Paolo Simoncelli

A Bormio, la Domenica di Pasqua, giovani dalle camicie bianche, cappelli e pantaloni neri, ghette bianche sugli stivali e fazzoletti rossi al collo, trasportano a braccia i tradizionali, a volte pesantissimi pasquali lungo le vie del centro storico. Si tratta di fantasiose portantine artigianali dei più svariati materiali, addobbate con fiori, muschio e piante. L’idea nasce alcuni mesi prima di Pasqua poi si passa al progetto esecutivo. L’origine invece risale ai culti pagani legati alla pastorizia e alla fertilità dei campi. Un tempo era un agnellino agghindato con nastri e fiocchi ad essere portato in chiesa e benedetto. Anzi cinque, uno per ciascuno dei reparti, i quartieri storici della città, ognuno con proprie insegne e colori: Dossorovina, Combo, Dossiglio, Boglio, Maggiore. Il ritrovo dei pasquali, alti anche 3-4 metri, è intorno alle 9 a piazza V Alpini. È qui che una commissione, esaminati i criteri di valutazione, difficoltà di realizzazione, estetica e messaggio religioso, decreterà il vincitore. Il tema religioso è la principale “vocazione” del pasquale. Vengono rappresentati chiese, cattedrali, croci, calici, scenografie sacre tra addobbi vegetali e floreali. Di solito si incomincia a lavorare all’inizio del nuovo anno, all’interno di capannoni, garage e cortili trasformati in antri della creatività. Non ci sono limiti. L’unica ambizione è realizzare fantasiosi manufatti, il più possibile leggeri. Dovendo essere trasportati a braccia per le vie della città infatti, persino bambini molto piccoli portano pasquali in miniatura, si cercherà di utilizzare materiali di poco peso e maneggevoli. Dopo il raduno, intorno alle 10, inizia il lungo corteo dei pasquali portati a spalla dai giovani bormini, quindici, venti portatori per ciascuno, seguiti dalla banda e da gruppi di ragazze nei costumi tradizionali. Alcune portano gerle, altre croci di legno e ceste piene di fiori di stoffa fatti a mano. I pasquali “ufficiali”, a volte capolavori dotati di congegni meccanici, non sono mai meno di una quindicina. Poi ci sono quelli in miniatura creati dai più piccoli con l’aiuto dei genitori. È in questo modo, di generazione in generazione, da sei secoli, che i bormini rinsaldano le proprie radici.



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