Ogni anno, la domenica del Corpus Domini, il vasto, lungo corridoio del Museo dei Misteri, brulica come un alveare. È qui, tra sciabolate di luce dai finestroni e mirabolanti macchinari simili a strumenti di tortura, i cosiddetti ingegni, che in un paio d’ore di frenetica attività verranno allestite le sacre rappresentazioni. Già alle 8 incominciano ad affluire vari personaggi, in particolare gruppi familiari composti da madri e nonne premurose, con bambini piccolissimi tenuti per mano. Subito dopo inizia la complicata, lenta opera di vestizione. Non è cosa semplice vestire da cherubini, angeli e Madonne oranti, bambini tra i due e i dodici anni per poi “appenderli”, alle 13 antiche macchine processionali , come palline all’albero di Natale. Storicamente si deve tutto a Paolo Saverio Di Zinno, lo scultore al quale, nel 1749, fu commissionato il progetto degli Ingegni, le incredibili macchine processionali, in origine 24, in lega di ferro e acciaio. La costruzione fu invece affidata alle maestranze cittadine del ferro battuto, in particolare a Emidio Cancellario. La tensione sale nell’aria mentre un brusio in sottofondo accompagna i gesti degli operanti, tramandati da generazioni, da quando l’uso di allestire quadri viventi del Vecchio e Nuovo Testamento per farli sfilare in processione, era la metà del settecento, fece breccia tra le confraternite cittadine in cerca di novità scenografiche. Le “macchine volanti” col loro carico basculante di figure umane, sembrano fatte apposta per magnificare il dono portentoso della fede. Sospese nel vuoto, a 5-6 metri da terra, i figuranti sono immobili tra funi e tiranti, imbragati con ganci e cinturoni, aureole intorno alla testa, cuori argentati sul petto, ricoperti di sete e veli di raso. I 13 ingegni vengono portati a braccia sulle portantine da circa 250 portatori. 73 sono invece i figuranti, tra adulti e bambini, più il cane di San Rocco e l’agnello di Abramo. È straordinario come portentose macchine arrivate dal passato siano in grado di sostenere senza apparenti basi d’appoggio il peso di uomini e bambini. Di levitare a mezz’aria, come miraggi.
Campobasso, le macchine volanti
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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