Le origini del carnevale viareggino sono legate a una giornata di amenità al Caffè del Casinò di un gruppo di rampolli dell'aristocrazia locale. Per vincere la noia, era il febbraio 1873, balenò loro l'idea di far sfilare delle carrozze infiocchettate. In quegli anni i cittadini di Viareggio avevano ben altro a cui pensare: la crisi cantieristica e la piena del 1872 del Camaiore che straripò col Lago di Massaciuccoli. L'allegra sfilata ebbe successo e dalle carrozze si passò ai carri. Fino al secolo scorso, i caotici cantieri di costruzione erano gli hangar di lamiera di via Marco Polo, una romantica corte dei miracoli che faceva un gran fracasso. Poi, allo sbocciare del terzo millennio, il “carrozzone” fu trasferito alla futuristica Cittadella del Carnevale, nei moderni, asettici cantieri, più funzionali ma carenti di ciò che infiamma di più il cuore: l’anima. Oggi come allora in ogni caso, tuona il rumore dei metalli. Si alzano le scintille delle fiamme ossidriche. Piano piano prendono forma mostri, fantasiosi personaggi della fauna umana, figure coperte di gesso e farina. Gli operai si muovono tra carrucole e pulegge. Tutto funziona come la ciurma di una nave. Chi tira corde, modella la creta, incolla giornali, prende misure, fonde metalli. Sembra di vederlo ancora il compianto Arnaldo Galli detto il gatto, il decano dei carristi, il mago della cartapesta: fino a 75-80 anni s’arrampicava sulle impalcature come un felino. Non è uno scherzo assemblare un carro largo 15 metri, lungo 12, alto fino a 20 metri, pesante 40 quintali. Per costruirne uno servono 2000 chili di ferro, 1500 di gesso, 2000 di creta, 1000 chili di carta di giornale recuperata dalle rese dei quotidiani di tutta la Versilia. La satira politica è da anni la chiave di lettura. Iniziò nel 1960, quando Silvano Avanzini travolse lo spirito scanzonato del carnevale presentando l’incredibile carro che guadagnò le pagine del New York Times. Erano raffigurati i leader politici dell’epoca, Eisenhower, Khrushchev, De Gaulle, Macmillian. Uomini dalla doppia morale: era questo il messaggio. Tenevano un ramoscello d'ulivo in una mano e una bomba nucleare, nascosta dietro la schiena, nell’altra. Non pare sia cambiato molto.
Carnevale di Viareggio
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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