A due passi da Campo de’ Fiori, in una piazzetta a forma d’imbuto rovesciato, alle 17 di ogni giorno, domenica esclusa, alza la saracinesca una delle più sanguigne e caciarone osterie della vecchia Roma, Dar Filettaro a Santa Barbara. Più che un’osteria è una friggitoria a conduzione familiare dove da più di un secolo si cucinano a regola d’arte sopraffini, giganteschi filetti di baccalà norvegese. Chi vuole può portarli via nel cartoccio e sgranocchiarli passeggiando oppure seduto sotto la statua di Giordano Bruno. Il menù contempla poco altro: puntarelle, burro e alici, insalata, fagioli, zucchine fritte, ciambelline al vino. Tutto incominciò tra gli anni ’20 e ‘30, quando Spartaco Gratta rilevò insieme alla sorella Erminia, la bottiglieria che stava a Largo dei Librari, all’ombra della chiesetta di Santa Barbara. Mise a punto una pastella d’acqua e farina, a fermentazione naturale, che dava al filetto una naturalezza mai avuta prima. Da allora la piccola cucina che sta in fondo al locale lungo e stretto, con minuscoli tavoli, tovaglioloni di carta e sedie di legno, non ha mai smesso di friggere filetti di baccalà lunghi come melanzane. Non costano più 60 lire come recita una vecchia insegna all’interno dell’osteria ma sono sempre dorati e croccanti. E senza sale. Chi lo vò ce lo mette, diceva Sor Spartaco. La ricetta è segreta ma perché un filetto esca sopraffino dai padelloni da venti litri della cucina, servono due cose: baccalà freschissimo e una pastella guidata da mano esperta. Inutile dire che Dar filettaro è passata tutta l’umanità. Persino principi in anonimato hanno divorato baccalà gomito a gomito con gli operai del quartiere. La passione per il filettaro non conosce geografia né casta. Una volta uno zio di Spartaco che si trovava a Detroit, fu colto da nostalgia per il baccalà e se ne fece inviare un bel po’via aerea. Li divorò ancora croccanti dopo 12 ore di volo transoceanico. Eugenio Pacelli invece, Papa Pio XII, ogni tanto mandava qualcuno qui, a Largo dei Librari. Se ne andava subito dopo, in gran fretta, coi baccalà fumanti sottobraccio. Pare che Sua Santità, potere della fede, ne divorasse cinque o sei senza batter ciglio.
Dar Filettaro, il baccalà di Pio XII
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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