Camminando con Paolino Uccello lungo i sentieri della Riserva Naturale di Pantalica e della Valle dell’Anapo, della Cava grande del Cassibile o di Noto Antica, della Riserva di Vendicari o dei Monti Iblei, si finisce per assaggiare, annusare, succhiare e masticare almeno la metà delle 700 specie presenti nella Riserve, di cui il 5% endemiche. Paolino è un esperto di fitoalimurgia, un botanico conoscitore dei fiori eduli: sa raccogliere la nigella direttamente dalle scarpate aride, rilasciando nell’aria un fragrante profumo di fragola e lampone. Usa i germogli freschi di finocchio selvatico per togliere la sete. Riconosce l’Urtica rupestris, una variante non irritante di quella comune, che risulta contemporaneamente salata, dolce e piccante o il bellissimo fiore viola della Trachelium lanceolatum, che vive solo nelle “cave”, cioè nelle forre calcaree, insieme alla genziana gialla, alla putoria delle rocce e ad altre quaranta specie di orchidee, come l’ofride bianca. E intanto, se capita, sa catturare senza ferirle le specie innocue di serpenti delle acque, per contribuire al censimento dell’Ente Fauna Siciliana. Non a caso si chiama Paolo, come il santo patrono della sua città, Palazzolo Acreide. Nonostante la sua formazione scientifica, ricorda i “ciarauli”, guaritori benedetti, nati nella notte della conversione del Santo, immuni al veleno dei serpenti, che giravano nei paesi per sanare da morsicature, ustioni e malattie, ma anche da malocchio e iettatura, suonando a gran fiato una piccola cornetta e dispensando erbe e rimedi fitoterapici. Per tradizione erano considerati i “trombettieri della fede”. Tutto il culto di San Paolo è caratterizzato da questa analogia: con il rumore e le erbe si domano i serpenti e si ammansiscono i demoni. Ed ecco da dove arriva il simbolo di Esculapio, dio della salute, che oggi è il vessillo di medici e farmacisti.
Trekking botanico sensoriale
Testo e foto di Federica Botta e Alessandro De Rossi
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