Il morzello che prende forma nel pentolone, un girotondo di frattaglie di vitello da avvolgere tra due cuscini di pitta, il pane catanzarese a forma di ruota, dalla morbidissima mollica, è un piatto identitario, portatore di cultura, tradizione. È nel piccantissimo panino che affondano le radici del popolo catanzarese. E infatti il morzello, da morzha, tagliato a piccoli pezzi, lo chiamano l’Illustrissimo. La ricetta è ultrasecolare. Sprofonda nel mistero. Scomodando l’immaginazione si può dire che il magma rosso fuoco, ribollente, che gira e rigira, sembra un’opera di Mimmo Rotella. Le frattaglie si compongono e ricompongono come pezzi di carta e cartone. Evocano i manifesti “strappati” del maestro. Più che un piatto è una colazione, l’antica colazione degli operai. Fino agli anni ‘80 la storica Scinduta de’ Barracchi era un suq che brulicava di morzellari e macellerie. I lavoratori, dal corpulento alla stecca da biliardo, arrivavano già alle 7 del mattino per far scorta di calorie. Un’accortezza. Il morzeddhu ca pitta accompagnato da gazzosa o vino in caraffa, non va mangiato, va sbranato con voracità, avendo cura di far tracimare il mare di pomodoro ai lati della bocca, fino alle guance. Ogni altro tentativo d’addentarlo con grazia viene bollato come eresia. Patrocinata dall’Antica Congrega dei Tre Colli è nata poco tempo fa anche la prima Scuola di Morzello. Lo stemma è un’aquila dorata che tiene tra le zampe un morzello e una forchetta. Sopra trionfa una scritta, In vino veritas, in Morzello Salus. Giangurgolo, la maschera tradizionale calabrese, lei se ne intende, è sempre affamata, ha un paio di certezze in più. La prima. “Il morzello va mangiato entro le nove e trenta del mattino. Dopo è troppo tardi”. La seconda. “Il morzello, è una donna. Lo guardi, ti avvicini, lo annusi. Cerchi di capire dove devi dare il primo bacio”.
Catanzaro, Morzello l’Illustrissimo
Scritto il 27/05/2024
Testo e foto di Paolo Simoncelli
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